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| MEGASTRUTTURE DI METALLO, PARETI INVALICABILI CHE TI AFFOSSANO, TUBAZIONI COME ARTERIE IN UN CORPO ROBOTICO GIGANTESCO ATTRAVERSATE DA LIQUAMI RADIOATTIVI E VAPORI CALDISSIMI, BUDELLI METALLICI BUI E FREDDI IN UN LABIRINTO SENZA FINE; LA CITTÀ CRESCEVA E NON SI FERMAVA.. NESSUNO SAPEVA LE SUE REALI DIMENSIONI E NESSUNO POTEVA FERMARE I COSTRUTTORI. |
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HO VAGATO, INCIAMPANDO, SANGUINANTE ATTRAVERSO UN GROVIGLIO DI TUBAZIONI DEFORMATE, GUSCI ARRUGGINITI DIMENTICATI E ARMI ABBANDONATE, FINO A CHE IL BUIO È SCOMPARSO ED È GIUNTA LA LUCE. NON LA BLUASTRA, PALLIDA LUCE ARTIFICIALE, MA LA CALDA E MORBIDA CAREZZA DELLA LUCE SOLARE, COSÌ BELLA NEL SUO SPLENDORE D'ORO CHE SEMBRAVA RENDERE VIVA LA MIA CARCASSA BIONICA IN FRANTUMI.
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LA STRADA ERA LERCIA E UNTA, COSTELLATA AI LATI DA DECINE DI BOCCAPORTI CHIUSI DA GRATE ARRUGINITE; DA QUELLE BOCCHE SQUADRATE, ESALAVANO LINGUE CONTORTE E SINUOSE DI VAPORE CALDO E BIANCO; PARETI GIGANTESCHE SI ERGEVANO AI LATI A FORMARE UNA SORTA DI CANYON DI CEMENTO; TUBI ENORMI CORREVANO LUNGO LE PARETI, SI ARRAMPICAVANO VERSO L'IRRAGIUNGIBILE SOFFITTO O SEGUIVANO PARALLELI LA STRADA. |
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| I MILLE OCCHI DELLA COSTRUZIONE SENTINELLA CANGIARONO COLORE, DA AZZURRO ELETTRICO A ROSSO INTENSO VIBRANTE, IN UN ATTIMO. ERA STATO RILEVATO. IL SUONO PULSANTE DELL'ALLARME SQUARCIÒ L'INQUIETANTE SILENZIO RONZANTE TIPICO DELLA CITTÀ, MENTRE LAMPI E FULMINI, COLPIVANO LA MATERIA DEL PAVIMENTO DELLA GALLERIA, A POCHI METRI DALLA MOTO, INIZIANDO A CONVERTIRLA; |
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UNA CONURBAZIONE URBANA ALL'APPARENZA DISOMOGENEA E CAOTICA, MA A UNO SGUARDO PIÙ ATTENTO QUASI ORGANICA NELLA SUA COMPLESSITÀ ARCHITETTONICA; QUALCOSA CHE RICORDAVA VAGAMENTE FORME NATURALI, ORGANI UMANI.. UN GIGANTESCO POLMONE DI ACCIAIO E CEMENTO, MATERIALI SINTETICI E ALIENI PROVENIENTI MAGARI DA ALTRE DIMENSIONI, UN ENORME CUORE MORTO E SILENZIOSO, APPOGGIATO SU UN MASTODONTICO TRONCONE DI ROCCIA, CON ARTERIE, VENE, VALVOLE E VENTRICOLI CARDIACI DI METALLO E MEGAPLAST;
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DOVE CI TROVAVAMO NON AVREI SAPUTO DIRLO, NEL CENTRO DI DETENZIONE DI UN ASTRONAVE CHE VIAGGIAVA SENZA META NELLO SPAZIO, NELLE PROFONDITÀ PIÙ RECONDITE DEL PIANETA TERRA, IN UNA STAZIONE ORBITANTE INTORNO A UNO DEI SATELLITI DI GIOVE O FORSE IN UNA SIMULAZIONE VIRTUALE IPER-REALISTICA IN CUI, COME SIMULACRI DISPERATI, CI MUOVEVAMO CERCANDO UNA SPIEGAZIONE A QUESTA FOLLIA |
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| A QUEL SUONO MISTERIOSO UN BRIVIDO DI SUPERSTIZIOSO TERRORE MI PERCORSE LA NUCA. ALZAI LE SPALLE E LANCIAI UN'IMPRECAZIONE. NON ERA UN ESSERE NOTTURNO, NÉ UNA CREATURA DI SILICIO IN CERCA DI UNA PREDA UMANA: ERA UN GRIDO DI DOLORE. IL CHE SIGNIFICAVA CHE UN SOPRAVVISSUTO ALLA BATTAGLIA RESPIRAVA ANCORA. UN UOMO VIVO CHE NON ERA STATO PRESUMIBILMENTE MASSACRATO. |
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ALL'INTERNO DI QUEL BUIO BUDELLO METALLICO, SCANSAVO RIENTRANZE IMPROVVISE E OGGETTI DI NATURA IMPRECISATA, DEFINITI NELLA FORMA, FUGACEMENTE, PER BREVI ATTIMI, SOLO DALLA LUCE DELLA MIA MOTOCICLETTA;
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AKIRA BASHO
